Parlare di raccolta e recupero delle acque non è una moda. È, semplicemente, una necessità.
Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito a stagioni di siccità prolungata, razionamenti idrici, falde sempre più stressate e costi dell’acqua in aumento costante. In parallelo, la normativa edilizia inizia — lentamente — a imporre logiche di sostenibilità anche in ambito idrico, non solo energetico.
Come progettista, spiego qui in modo chiaro e indipendente:
-
Quali sono le possibilità tecniche,
-
Come si dimensiona un sistema di raccolta,
-
Cosa prevede la legge,
-
Quali vantaggi e limiti reali offre,
-
Quali errori evitare,
-
E alcuni esempi numerici basati su casi plausibili.
Non è una “pubblicità” a un prodotto: è un riepilogo di ciò che chiunque dovrebbe sapere prima di investire in una soluzione per recuperare acqua.
Perché parlare di raccolta e recupero
In termini tecnici:
-
Raccolta = convogliare l’acqua piovana (o altra fonte) in un serbatoio, filtrarla e accumularla.
-
Recupero = reimpiegare quell’acqua per usi compatibili, riducendo la richiesta di acqua potabile.
Gli usi compatibili sono tipicamente:
-
Irrigazione di aree verdi, orti, campi sportivi.
-
Lavaggio superfici esterne e veicoli.
-
Alimentazione cassette di scarico WC.
-
Alcuni usi industriali (raffreddamento, lavaggi tecnici, antincendio).
In Italia, la percentuale media di acqua usata per usi non potabili varia tra il 30% e il 50% del totale domestico: una fetta importante che può essere parzialmente coperta con risorse alternative.
Acque recuperabili: quali sì e quali no
Acque piovane
-
Provenienza: precipitazioni, raccolta da tetti, terrazze, superfici impermeabili.
-
Vantaggi: relativamente pulita (rispetto ad altre fonti), facilmente accumulabile, nessun impatto sulla falda.
-
Limitazioni: non potabile senza trattamenti spinti, richiede superfici di raccolta pulite e manutenzione periodica.
Acque grigie
-
Provenienza: docce, lavabi bagno (non cucina), lavatrici.
-
Vantaggi: risorsa continua anche in periodi di siccità.
-
Limitazioni: carica batterica maggiore, richiede trattamento filtrante e disinfezione. Non è sempre ammessa per tutti gli usi in base a normativa ASL locale.
Acque nere
-
Provenienza: WC, cucina.
-
Non recuperabili in contesti residenziali con tecniche standard. Servono impianti di depurazione avanzati, economicamente insostenibili per un’utenza singola.
Struttura di un impianto: come funziona davvero
Un impianto di raccolta e recupero serio non è solo “una botte con un rubinetto”. Serve coerenza tecnica per garantire:
-
Qualità igienica dell’acqua in uscita,
-
Affidabilità,
-
E totale separazione dalla rete potabile, obbligatoria per legge.
Componenti principali:
-
Grondaie e tubazioni di convogliamento: raccogliere l’acqua dal tetto o dalla superficie.
-
Filtro grossolano: rimuovere foglie, rami, detriti.
-
Vasca di accumulo: interrata o fuori terra, in materiale idoneo (polietilene, cemento).
-
Filtro fine: trattiene sabbia, polveri, piccoli residui.
-
Trattamento disinfezione: per acque grigie, tipicamente UV o piccolo dosatore di cloro.
-
Pompa e pressurizzatore: garantiscono pressione sufficiente per servire utenze interne (WC, irrigazione automatica).
-
Rete separata: tubazioni dedicate e segnalate per evitare incroci con l’acqua potabile.
Dimensionamento di base
Molti si chiedono: “Quanta acqua posso raccogliere?”
Formula semplificata:
Volume annuo recuperabile (litri) = Superficie raccolta (m²) × Pioggia media annua (mm) × Coefficiente di perdita (0,7–0,9).
Esempio:
-
Tetto 120 m².
-
Pioggia media zona = 800 mm.
-
Coefficiente 0,8.
Volume annuo ≈ 76.800 litri.
Non tutto sarà usabile subito: serve calcolare la capienza vasca in base al bilancio tra periodo di pioggia, consumo medio e dimensione dello spazio disponibile.
Costi reali e tempi di rientro
Il costo varia moltissimo:
-
Kit base fai da te: 200–600 €
-
Vasca interrata con rete separata: 2.500–6.000 €
-
Recupero acque grigie + piovane, rete doppia interna, filtri UV: 10.000–20.000 €
Tempi di ammortamento:
-
Piccoli sistemi: 1–2 anni se usati bene (orto, pulizie).
-
Sistemi medi: 4–7 anni.
-
Sistemi evoluti: 6–10 anni.
Il risparmio cresce con l’intensità di utilizzo: chi ha orti, giardini ampi o strutture ricettive rientra più velocemente.
Quadro normativo
Ad oggi:
-
UNI EN 16941-1: regola standard per la raccolta piovana.
- D.Lgs. 152/2006 (Testo Unico Ambiente): prevede regole generali per la gestione delle acque meteoriche di dilavamento e di prima pioggia.
-
Codice Idraulico Regionale / Regolamento Edilizio Locale: spesso richiede vasche di prima pioggia, separazione reti, controlli sanitari.
-
Incentivi: alcuni Comuni offrono bonus volumetrici o contributi, raramente consistenti. Verificare caso per caso.
Quando è obbligatorio installare un sistema di raccolta o recupero delle acque
In Italia, la raccolta e il recupero delle acque piovane non è sempre facoltativa. In diversi contesti urbanistici e regolamenti edilizi locali, è previsto come requisito obbligatorio, soprattutto nei seguenti casi:
-
Nuove costruzioni residenziali o commerciali: molti Comuni prevedono, nei Regolamenti Edilizi o nelle Norme Tecniche di Attuazione, l’obbligo di realizzare vasche di prima pioggia o sistemi di raccolta delle acque meteoriche, sia per usi irrigui sia per ridurre il carico sul sistema fognario.
-
Lottizzazioni e piani di recupero: nei piani di lottizzazione o interventi di urbanizzazione primaria, spesso è richiesto un sistema di gestione delle acque meteoriche con vasche di laminazione o accumulo.
-
Aree produttive o commerciali: possono essere obbligatorie vasche di prima pioggia per motivi ambientali, per separare inquinanti da superfici impermeabili (parcheggi, piazzali).
-
Normativa sui permessi di costruire: in alcuni territori è espressamente indicato che la mancata previsione di sistemi di raccolta/recupero comporta la non conformità edilizia o riduzioni di contributi volumetrici.
Pro e contro: la visione onesta
Pro:
-
Risparmio idrico e riduzione bolletta.
-
Maggiore autosufficienza.
-
Minor carico sulla rete fognaria.
-
Valorizzazione dell’immobile.
Contro:
-
Costo iniziale non banale per sistemi strutturati.
-
Spazio necessario per vasche interrate.
-
Richiede manutenzione periodica.
-
Non sempre compatibile in edifici condominiali con vincoli di proprietà comune.
Tre esempi realistici (diversi scenari)
Esempio 1 — Kit esterno: minimo investimento
Profilo: villetta schiera, orto 15 m², giardino piccolo.
Soluzione: cisterna fuori terra da 500 litri, filtro a rete, tubo flessibile con rubinetto.
Usi: irrigazione manuale, lavaggio cortile.
Costo: 200–300 € installazione fai da te.
Risparmio: 10–20% del consumo non potabile.
Rientro: 1–2 stagioni.
Esempio 2 — Sistema intermedio: rete interna dedicata
Profilo: casa indipendente, 150 m² di tetto, giardino 200 m².
Soluzione: vasca interrata 3.000 litri, pompa automatica, filtraggio doppio, tubi separati per WC di due bagni + rubinetto esterno per irrigazione.
Usi: irrigazione, scarico WC.
Costo: 4.000–5.500 €.
Risparmio: 30–40%.
Rientro: 5–7 anni.
Esempio 3 — Struttura grande: agriturismo o azienda agricola
Profilo: 400 m² tetto, area verde ampia, orto e uso intensivo acqua per animali e irrigazione.
Soluzione: vasca interrata 20.000 litri, filtro a sabbia + UV, pompe di sollevamento, reti separate interne, serbatoio di compenso.
Usi: irrigazione intensiva, servizi igienici camere ospiti, pulizie stalle.
Costo: 15.000–25.000 € (a seconda di scavi e posa).
Risparmio: 50% o più.
Rientro: 4–6 anni grazie al consumo elevato.
Manutenzione: cosa fare e quando
-
Controllo periodico grondaie e pluviali: ogni 3–6 mesi.
-
Pulizia filtri: almeno due volte l’anno.
-
Controllo vasca (sedimenti): 1 volta l’anno.
-
Verifica pompa e rete distribuzione: manutenzione ordinaria come da scheda tecnica.
Un impianto ben gestito dura decenni senza sorprese.
Conclusioni
Come professionista, il mio consiglio è:
non fare il passo più lungo della gamba, ma ragionare con buon senso:
-
Se hai poca superficie e consumi bassi, un kit esterno è già sensato.
-
Se hai un giardino ampio o usi acqua in abbondanza, valuta un impianto interrato ben dimensionato.
-
Se sei un condominio o un’azienda agricola, fai uno studio tecnico accurato: conviene quasi sempre ma va integrato con altre opere.
Recuperare acqua non è solo una spesa: è una forma di resilienza.
E in futuro, sarà sempre più importante.
Ing. Luca Marcenaro